Passo dopo passo

Passo dopo passo
Sai cos’è bello, qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un’orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno. È come se noi non fossimo mai esistiti. Se c’è un luogo, al mondo, in cui puoi pensare di essere nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. (da “Oceano Mare” di A. Baricco)

martedì 30 settembre 2008

( ) Una fermata imprevista


(

Un viaggio interrotto da una fermata imprevista. Ritrovarsi
sulla banchina a guardare il viale. Le porte si chiudono ed il treno riparte

Un fiore in mano.
Mi fermo, saluto, sorrido. Un bacio. Mannaggia a te... che mi fai fare?!

Toccare gli aghi del piccolo pino... già così grande è diventato!
al mare c'era vento, dovresti vedere la foto coi piedi... scommetto che non te ne frega.
che pirlone, che ti ridi?!?!

Star seduti ad ascoltare il silenzio chiacchierare e ridere e scherzare.
qualcuno dovrebbe togliere queste foglie secche, pulire.
certo che un fiore colorato ci sarebbe stato meglio qui!! ma questo bianco mi piace di più.. lo potrei sempre colorare!
ho ritrovato il pansè... era viola? e mezzo azzurro tipo... stavolta non te ne rubo più, anche perché poi li perdo di sicuro
ho perso pure l'accendino nero. ma quando lo ritrovo lo butto, si è tolta la plastica ormai
mi hanno raccontato una barzelletta fenomenale: la scimmia che vede la lucertola come un coccodrillo. no, era il contrario! ma vabbé, tanto rido lo stesso. è da perderci la pancia

Ringraziare e ripartire.

Una virgola Un respiro in un discorso lungo Una boccata d'aria dopo due bracciate

Il treno apre le porte. Ma se n'era andato prima?!... forse m'ha aspettato

)


musica: "Two of us" - Aimee Mann ft Michael Penn

sabato 27 settembre 2008

Collezionava attimi


Aveva iniziato facendo il postino: a 14 anni, durante l'estate, andava a distribuire la posta in un paesino disperso tra le montagne... era proprio sulla cima di un colle... un centinaio di case appese a testa in giù.
Alle 9 di ogni sabato mattina, da giugno a settembre, inforcava la sua bici ed arrivava fino in cima, con uno zaino pieno di saluti lontani, notizie già vecchie e bollette scadute. Nei giornali ci si consolava con pettinature fuori moda e discorsi scontati.
Nel giro di mezza giornata, riusciva a restituire un profumo a quelle lettere ingiallite; ridava loro un senso... e una casa.

Gli anni volteggiavano via veloci a ritmo di polka, ma ad ogni nuovo passo qualcuno, forse stanco di ballare, si sedeva e abbandonava la pista. Gli capitava sempre più spesso di suonare campanelli ormai muti, bussava a porte addormentate e si affacciava su case silenziose, senza più nulla da raccontare.
Anno dopo anno, gli abitanti di quel bel paesino attaccato alle nuvole, se ne andavano come petali di fiori stanchi su terra arida... e lui si ritrovava tra le mani quei ricordi vagabondi.
All'ufficio postale, in città, gli ripetevano che non interessavano più a nessuno, a loro men che meno! Ma buttare quelle lettere significava farle morire, consegnarle alla mano triste dell'oblio.

Fu così che un giorno pensò di riportarsele a casa.
All'inizio le conservava in vecchie scatole da scarpe... pensava che almeno così si sarebbero fatte compagnia a vicenda, i ricordi nelle scatole e le scatole nei ricordi.
Nelle sere d'inverno, quando faceva troppo freddo per curiosare fuori dalla porta, gli capitava di tirarle fuori e sbirciarci dentro. Erano le cartoline che gli piacevano di più, perché nascondevano l'attimo in cui migliaia di chilometri non bastavano ad allontanare due persone.

Cominciò ad affezionarsi a quegli attimi vissuti e trasformati poi in parole; così, poco alla volta, iniziò a dar loro una nuova casa.
Lui, che il suo sogno era di girare il mondo, ora si ritrovava il mondo che gli girava intorno. Sul frigo aveva attaccato una cartolina di té e zenzero che profumava ancora di Estremo Oriente. Accanto al letto aveva appoggiato il mare calmo tailandese su cui una piroga si faceva cullare dalla luna. Accanto, i fiordi del mare di Barents si risvegliavano alla luce fredda dell'alba.
Un viso nero di pece gli sorrideva ogni mattina, accanto allo specchio; e ragazzini indiani spruzzavano acqua dalle loro anfore per risvegliarlo dal sonno.
Accanto alla finestra della cucina, i tamburi africani chiamavano alla festa anche le facce sofferenti dei ballerini di flamenco che, ad ogni battito di mani, schiacciavano il dolore e facevano nascere la passione. Un gregge di pecore bloccava la strada tra la cucina ed il salotto e si intravedeva appena un vecchio pescatore sorridere alla sua birra di fine giornata.

Collezionava attimi.
Non collezionava semplici immagini dal mondo, ma attimi. Quell'attimo in cui qualcuno, in chissà quale posto del mondo, passeggiando distratto era stato catturato da quella fotografia e aveva deciso per chissà quale motivo, di regalarla a chissà chi, sospeso a testa in giù in quel paesino di montagna.
Non era importante tanto quello che aveva deciso di scrivere (che probabilmente sarebbe stata solo la maschera del pensiero)... Lui si incuriosiva dell'istante in cui quell'emigrante se n'era innamorato, dell'attimo in cui aveva pensato di far fare il giro del mondo a quella scimmia dolcemente abbracciata ad un cane, per farla arrivare proprio lì, sullo specchio di taglio marocchino.

Collezionava attimi. Quegli attimi in cui un'immagine prende la forma di un abbraccio, un sorriso timido, un fiore sconosciuto incastrato tra le rocce... era un modo per accorciare le distanze. Un momento, in mezzo a mille, per mandare un messaggio... per sentirsi più vicini... orme della stessa strada.

venerdì 26 settembre 2008

Give me a place to be

Aveva gli occhi stanchi... stanchi di cercare.
Stanchi di guardare il sole e sentirsi abbagliare.


Chiuderli in un istante per andarsene là, dove il cielo si nasconde tra le onde... là per toccare quell'istante di felicità... quell'attimo in cui sussurrare, piano

...dammi un luogo dove stare...
...dammi un luogo dove essere...




Un attimo. Un solo istante
prima di tornare


Musica: "Place to be" di Nick Drake

Discover Nick Drake!

Posted by Picasa

martedì 23 settembre 2008

Con i suoi uccelli di carta per il cielo


... Tutto quel che vuole, sissignore, ma sono le parole che cantano, che salgono e scendono... Mi inchino dinanzi a loro... Le amo, mi ci aggrappo, le inseguo, le mordo, le frantumo... Amo tanto le parole... Quelle inaspettate... Quelle che si aspettano golosamente, si spiano, finché a un tratto cadono.... Vocaboli amati... Brillano come pietre preziose, saltano come pesci d'argento, sono spuma, filo, metallo, rugiada... Inseguo alcune parole... Sono tanto belle che le voglio mettere tutte nella mia poesia... Le afferro al volo, quando se ne vanno ronzando, le catturo, le pulisco, le sguscio...

Ieri sera ho chiuso un libro dal titolo "Confesso che ho vissuto".
L'ho chiuso perché sono arrivata all'ultima pagina, ma non l'ho finito, perché è qui che si srotola tra i pensieri.

E' una raccolta di memorie... e, come tali, scorrono come vengono, a volte si perdono o si offuscano. Ma come tutti i ricordi più intensi, diventano pura poesia! Ti saltano sulle spalle e ti sussurrano parole che richiamano altre parole: i suoi ricordi diventano i tuoi e alla fine, quel bambino che ti sei caricato sulle spalle, diventa parte di te... "la mia vita è una vita fatta di tutte le vite"

Non è passato un attimo, un solo istante, da quando ho appoggiato il libro sullo scaffale e ho aperto il mio taccuino... per scriverci parole scombinate. Poi l'ho messo da parte ed ho appoggiato la testa su quella che era diventata la mia terra: un luogo lontano, tra la Isla Negra e Madras... con un tramonto sui tetti di Buenos Aires come cuscino e i poemi di Sabat Ercasty come ninnananna...
Ho lasciato che le immagini scomposte si attaccassero tra loro in un puzzle senza senso... come quando, dopo una pulizia a fondo di una soffitta, ti ritrovi quelle cose che in realtà facevi rimbalzare da un posto all'altro senza sapere mai dove metterle, che ora ti guardano, da lontano.
Dove lo infili il tuo pennino preferito? Quello che ti aveva portato tuo papà dalla grande città, che conservavi solo per le lettere più speciali... nei ricordi di famiglia no, proprio non ci sta; nel baule dei giochi non ha senso; tra le lettere della guerra prenderebbe un odore troppo amaro... e allora lo sposti e lo appoggi in un angolo. Ma poi succede sempre che ti ricapita tra le mani. Mentre cerchi di far entrare il quadro dipinto da tua sorella nel baule dei ricordi di famiglia, quel calamaio è ancora una volta solo... apolide!
Lo guardi con la stessa espressione che usi quando cerchi una cosa dapertutto... quando poi hai deciso di accettare la sconfitta e di lasciar perdere, raccogli i vecchi libri, letti ormai da tempo, e decidi di rimetterli al loro posto... eccolo dov'era! Proprio lì sotto ai libri. Accidenti a lui! Ecco, quella... che espressione è? C'è un misto di rabbia e soddisfazione, accompagnati da una buona dose di simpatia... come ha fatto a rimaner nascosto qui così tanto tempo?! E' pure stato bravo!!!

E così, tutti quei pezzetti di ricordi impolverati si ritrovano abbandonati in un angolo della soffitta... poi devi pulire e così decidi di buttarli tutti dentro un sacco... "è solo per il momento", ti dici! solo finché non avrò finito di scopare per terra, di rimettere un cassone sopra l'altro... finché non avrò finito di dare un nuovo ordine al passato.
Un lavoro incompleto: tutto sistemato, tutto ormai si è piegato sotto la dura legge della catalogazione dei ricordi e quel che resta... quello rimarrà lì.
Magari questi sono gli oggetti che più ti pizzicano le mani quando li tocchi, quelli che a volte scottano e altre volte, toccandoli, ti senti uno di quei visionari dei film fantastici: risenti per un attimo una canzone, un profumo... sorridi... o ti senti un cretino! sospeso tra l'emozione che provi e la polvere che la ricopre.
Perché buttare quelle emozioni dentro un sacco?! Perché non costruire una nuova mensola dove metterle tutte lì; alla rinfusa, ma in bella vista?!
Io credo sia come quei miei pensieri di ieri... sono intrappolati in quella specie di limbo... devono ancora decidere dove stare, cosa dire.

E alla fine il sacco rimane così per chissà quanto ancora! Finché non ritornerai su, per togliere la nuova polvere o dare una nuova forma al passato... e te li ritroverai lì, in mano! Qualcuno di loro avrà un senso, ora... si sentirà a casa nello scatolone della tua infanzia. Qualche altro avrà finito il suo lavoro e se ne andrà, diventerà uno specchio che comprerà chissà chi in chissà quale mercatino... dalla polvere della soffitta alla parete di un salotto, di qualcuno che s'irrigidisce davanti ai suoi ricordi e compra quelli degli altri... che, di solito, pesano di meno.
Qualche altro rimarrà senza senso apparente e così verrà tolto dal sacco: ripasserà tra le mani e i piedi e sotto alle sedie e sopra i bauli e alla fine ritornerà in un angolo. Per essere poi scoperto, chissà, da un bambino curioso, alla ricerca dei legnetti magici per giocare al pitto...
Potrebbero rimanere lì per molto tempo, o forse solo per qualche istante...

Io credo che quelle parole troveranno il loro senso, quando sarà il momento... per ora le voglio lasciare dentro quel sacco, alla rinfusa. Vediamo se qualcuna di loro, stanca di starsene lì, avrà voglia di affacciarsi, scendere le scale e venirmi a trovare... sarebbe una meravigliosa sorpresa!



Dicono fosse il 23 settembre del 1973 quando Neruda morì... ecco, non lo sapevo! ma quel libro, oggi, ha già preso il suo profumo... e un po' anche il mio.

"Il poeta se ne andò volando con i suoi uccelli di carta per il cielo e sotto la pioggia"



Liberamente tratto da un pomeriggio in soffitta e dal libro "Confesso che ho vissuto" di Pablo Neruda
Musica: "Il postino" - Last Acoustic

Discover Last Acoustic!

domenica 21 settembre 2008

Come un regalo che ti ritrovi una mattina qualunque, sopra al tavolo


Non so a che ora esca al mattino... so che alle 7 e mezza, quando io apro il balcone, è già lì seduta sulla sedia verde accanto alla porta.
Il rumore del chiavistello la distrae, sempre. In un istante gira lo sguardo verso di me e mi sorride con un'espressione che mi toglie per un attimo il fiato, tutte le mattine. E' come se mi sentissi in colpa... come se il mio sorriso non riuscisse in realtà a restituirle la stessa serenità che lei dona a me alle 7 e mezza di ogni giorno.
Mi sento quasi in imbarazzo... alcune volte ho cercato di far meno rumore: ho accarezzato il chiavistello pregandogli di non grattare, di non aver tutta quella fretta di vedere il sole...
altre volte non ho nemmeno aperto.. ma poi manca qualcosa! Il pane mi si incastra tra i denti o il caffé ha troppo poco zucchero.
E' come se quel sorriso mi regalasse un pezzetto di felicità... la scorta per la mia giornata, quando la mia si diverte a giocare a mosca cieca... un panino che tengo con cura e sgranocchio con parsimonia.

Sta sempre seduta su quella sedia, mentre lui, dal terrazzo, si guarda intorno, con la tazza in mano. Sono lontani, forse cinque o sei metri, ma sembra che si parlino in silenzio... come due bicchieri di vino sul tavolo, uno rosso e uno bianco... uno accanto all'altro... si annusano e si ascoltano... si capiscono.
Lei laggiù con gli occhi un po' socchiusi e la mano che trema appena, quasi percepisse ogni soffio d'aria: il mio balcone che si apre, la vicina che toglie la polvere dal vialetto, il papà di Sara che chiude il cancello e sale in macchina. Ogni movimento... lei sente ogni movimento! Tutti dicono sia per l'età, ma io credo che sia per questo... sente qualcosa in più: è la mano che gioca con i movimenti degli altri!

Lui lassù. Di solito guarda in giro, quasi ad osservare come si risveglia la gente.
Mi sono sempre chiesta cosa facciano gli altri appena aprono gli occhi. Si svegliano, si alzano, una bagnata al viso sotto l'acqua fredda, i vestiti addosso, una sistemata ai capelli e poi aprono... quasi a dire "Ok, ora sono davvero pronto anch'io". Magari qualcuno aprirà e si metterà già a sbattere il cuscino, a riassettare la camera e a sistemare quel che nella notte i sogni hanno spostato di posto...
Chissà se qualcuno fa come me: apre gli occhi e sente il bisogno della luce... arriva a tentoni verso il balcone ed apre... poi, beh! poi si torna a letto altri 2 minuti! Non serve molto, giusto il tempo di far entrare la luce e farsi abbagliare, farsi trovare impreparati...
Chissà come fa la gente.
Magari lui lo sa...
O forse non gli interessa... gira distratto gli occhi, ma non guarda; ascolta.

Quando piove, poi, lui ha sempre le scarpe ai piedi... curioso! E' al coperto! Eppure infila le scarpe e guarda lei, laggiù; si sporge in avanti, quasi a volerla rassicurare, o a volerle tendere l'ombrello, per ripararle i pensieri dalla pioggia...


Stamattina ho ricevuto un regalo. Lei mi ha sorriso e mi ha fatto un cenno con la mano... ho capito che voleva che la raggiungessi! Il cuore mi è rimbalzato fino alle orecchie, le ho sentite sussultare... in un attimo ero già fuori, con i pensieri che nella testa parlavano tra loro, talmente forte che nemmeno riuscivo a sentirli!
Dal balcone lui mi ha sorriso... ha appoggiato la tazza sul tavolino ed ha allungato le mani alla ringhiera. Non so se sapesse già tutto... ma io penso di sì! Credo fosse il suo modo per dire: "Eccomi, ora ci sono anch'io lì!"

Stamattina ho ricevuto un regalo, di quelli belli... quelli che ti ritrovi una mattina qualunque, sopra al tavolo... come una di quelle penne che mi portava sempre a casa mio papà... come quella persona che sbuca dopo anni e ti suona il campanello, con il sorriso sgargiante e una vita da raccontare... come uno di quei bimbi che ti voleva raccontare un segreto segretissimo e poi, in realtà, voleva solo darti un bacino... come un biglietto con un messaggio di un'amica, lasciato dentro alla cassetta della posta, mentre passava davanti casa... come quando lui mi stringe la mano sulla schiena e mi ferma tutti i pensieri, in un istante...

Domani ho deciso che mi alzo prima e vado a metterle un fiorellino sulla sedia... una margherita, credo! O forse sarebbe meglio una violetta?!
Credo che domani mattina uscirò per la porta, ancora con gli occhi socchiusi e la mente addormentata... e raccoglierò il primo fiore che mi catturerà lo sguardo!... come un regalo che ti ritrovi una mattina qualunque, sopra al tavolo...

musica: "E' per te" - L'Aura

Discover L'Aura!

giovedì 11 settembre 2008

Perché scrive?

La domanda preferita è: perché scrive?

Io scrivo perché sento il bisogno innato di scrivere! Scrivo perché non posso fare un lavoro normale, come gli altri!
Scrivo perché posso sopportare la realtà soltanto trasformandola. Scrivo perché amo l'odore della carta, della penna e dell'inchiostro. Scrivo perché credo nella letteratura, nell'arte del romanzo, più di quanto io creda in qualsiasi altra cosa. Scrivo per abitudine, per passione. Scrivo perché come un bambino credo nell'immortalità delle biblioteche e nella posizione che i miei libri occupano sugli scaffali. Scrivo perché la vita, il mondo, tutto è incredibilmente bello e sorprendente. Scrivo perché è esaltante trasformare in parole tutte le bellezze e ricchezze della vita. Scrivo non per raccontare una storia ma per costruirla. Scrivo per sfuggire alla sensazione di essere diretto in un luogo che, come in un sogno, non riesco a raggiungere. Scrivo per essere felice.

L'aspetto più bello è poterti dimenticare del mondo come fa un bambino, sentirti spensierato mentre giochi felice, poter giocare con le regole del mondo come fossero giocattoli e nel frattempo sentire l'esistenza di una profonda responsabilità dietro a questa infantile e libera gioia. Si può giocare tutto il giorno, ma sentirsi molto più seri di chiunque altro. Prendere sul serio l'essenza e l'immediatezza della vita con un'ingenuità propria solo dei bambini.
(liberamente tratto da "La valigia di mio padre" di Orhan Pamuk)

Perché scrivo?

O forse scrivo… perché non son capace a disegnare! ah!!

domenica 7 settembre 2008

Cosa resta di un temporale?

Cosa resta di un temporale?
I pensieri bagnati da quelle lacrime di vento... quelle gocce che restano attaccate alle foglie, quasi non se ne volessero andare...
Davanti, il sereno. E addosso, quell'odore che ti si attacca, come le gocce alle foglie. Qull'aroma che profuma di ricordi.
Qualche volta hanno l'odore di crackers e sigaretta a ricreazione... o di stupidi scherzi durante l'ora di scienze... o di risate davanti alla pertica, o di bottiglie di coca-cola davanti ad un pub di Lucan, sotto la pioggia battente... o di risate soffocate dentro al libro di filosofia...

Altre volte quel profumo diventa l'odore amaro di una telefonata in bianco e nero...
quella sensazione gelida che la pioggia ti lascia, quella che ti rimane intrappolata nella pelle, sotto all'anello... e tu lo stringi per provare a smorzare quella stretta che ti toglie il fiato... lo accarezzi sperando di poter fare una magia... di tornare indietro a quella mattina di tanti anni fa... chissà, magari stringendo forte, si prende il volo e si ritorna laggiù, per dare un altro colore a quella telefonata, o un altro titolo a quell'articolo di giornale...

Alla fine, ciò che resta... è il buio che è sceso adesso... e quel meraviglioso rosso lassù, che hai appena perso, fantasticando su quel che non ci sarà... ma che, in fondo, è sempre con te, nascosto in quell'anello... sotto alla pelle...

venerdì 5 settembre 2008

In un treno di pensieri

Lo sguardo fisso su quell’articolo di giornale. Uno sguardo accorto, quasi rubato.
La gamba intanto picchietta sul tavolino, forse qualche pensiero di troppo che rotola dentro… forse quei pensieri si son proprio bloccati tra il piede ed il ginocchio. Su e giù Su e giù senza via di scampo.
Poi un attimo di tregua: la mano s’infila nella borsa e afferra un libro… i pensieri si fermano. Immobili.
La storia di quella pietra scomparsa inizia ad incuriosire perfino loro: in un attimo il piede si ferma, quasi ad ascoltare. Ma forse qualche indizio arruffato, qualche traccia sbiadita, qualche parole non chiara, li risveglia; abbandonano la gamba e sono già lì, tra il pollice e l’indice, tamburellando sulle avventure di quell’americano, sviando le ricerche dell’investigatore. Gli occhi si bloccano in quel fermo-immagine, sulla mappa appena scoperta davanti all’accademia… e intanto i pensieri continuano il loro tip-tap tra le pagine. Su e Giù Su e Giù Su e Giù Su e Giù
Perfino lui, quest’uomo brizzolato, sulla sessantina forse… perfino lui ci rinuncia: un ultimo sguardo alla faccia dell’investigatore… un sorriso compiaciuto quasi ad assicurargli un pronto ritorno, e poi una fuga veloce: con uno scatto inaspettato tutto finisce dentro la borsa. Forse domani sarà il momento giusto per tornare alla ricerca di quella pietra, forse più tardi sarà tutto più tranquillo… o forse stasera, prima di dormire.

Inutile combattere, i pensieri c’hanno il loro bel daffare… ed ora, nuovamente liberi nella loro corsa, decidono di tornare giù, dal ginocchio al piede, dal piede al ginocchio: Su e Giù Su e Giù Su e Giù Su e Giù. D’altronde… forse è meglio lasciarli andare, lasciarli sfogare!
Gli occhi s’arrendono, si siedono, si stendono… fino a chiudersi. E poi anche le mani… rilassate, quasi a proteggere quel tesoro dentro la borsa di pelle. Poco alla volta tutto diventa più tenue… Su e Giù Su e Giù S u e G i ù S u e G i ù S u e G i ù
Ormai nessuno se li fila più, quei pensieri: tanto vale rinunciare, avran pensato! tornare più tardi, o stasera, o domani… tanto vale riposare e riprender fiato, dopo una così lunga corsa.
Immobili, di nuovo.

Chissà, magari si sono addormentati. Oppure han trovato un cunicolo, un invisibile buco nel calzino, una fessura nella scarpa… e se ne sono andati…
Un sorriso timido si fa spazio nella calma generale… la mano accarezza la borsa… nel frattempo sarà riuscito l’americano a decifrare quella mappa? Tutto adesso qui, sembrava più tranquillo… loro se n’erano andati, chissà dove, chissà da chi… meglio approfittarne! l’avventuriero era lì, pronto per ripartire.

mercoledì 3 settembre 2008

Equilibrio precario


Ma nialtri semo altri teèri!

lunedì 1 settembre 2008

Quando si apre per un attimo la fessura nella persiana


"Quella stessa sera saltò fuori che non aveva né avrebbe mai fatto esercizio di respiro: le ero piaciuto e non voleva che sparissi. [...] Piaciuto, disse, non è propriamente la parola adatta. Sarebbe più giusto dire che le ero sembrato rinchiuso nella cantina di me stesso e le avevo fatto venire voglia di provare ad arrivare giù da me, per non farmi congelare lì nel buio. Nemmeno adesso si era espressa come avrebbe voluto, rinchiuso, cantina, E' tutta colpa tua, Theo, per colpa tua mi esprimo così e non mi riesce bene. Ridicolo? Allora fammi il favore di assumerti le tue responsabilità. Guarda che hai fatto. Per colpa tua son ridicola. Per colpa tua sono persino arrossita. Guarda."

E' un passo dal libro "Non dire notte", di Amos Oz.
Comprato oggi per ammazzare il tempo al ritorno da Venezia e divorato in 8 ore! Mi ha fregata! Doveva essere un diversivo ed è diventato la mia trappola... una delicatissima trappola d'amore e...!

... mh... mi piace questo gioco del destino!

"Al tramonto andiamo qualche volta al caffé, qualche volta al cinema Paris. Ancora mezz'oretta a spasso a goderci la frescura della sera, in piazza. Rientriamo a casa ad ascoltare musica tranquilla seduti in cucina. L'indomani comincia un'altra settimana. E' così ormai da sette anni. Ben cauti nell'evitare quella coppia di commedianti di strada che ripetono sino allo spasmo, come dannati, il loro vecchio copione - fatto di caos, tormenti, smarrimento."

Consigliato a chi... ha voglia di buttarsi in un bagno di delicatissimo amore
Consigliato a chi... crede che al di là di ogni salita ci sia sempre un'altra irresistibile sfida
Consigliato a chi... si emoziona ancora davanti all'amore di due anime che si trovano e poi si ritrovano
Consigliato a chi... a volte si sente stretto quand'è legato, ma troppo solo quando allontana la mano

"E' l'impressione di quando si apre per un attimo una fessura nella persiana di una bella stanza e dentro si vedono un candeliere e una biblioteca e il fuoco nel camino, e subito dopo tutto si chiude di nuovo, come se non fosse mai esistito"