Passo dopo passo

Passo dopo passo
Sai cos’è bello, qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un’orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno. È come se noi non fossimo mai esistiti. Se c’è un luogo, al mondo, in cui puoi pensare di essere nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. (da “Oceano Mare” di A. Baricco)

sabato 14 febbraio 2009

She hold me

La sua mano sotto al mio braccio, come non accadeva da tempo; le parole che scendono come cera sciolta di una candela consumata dalla fiamma. Accesa più di ventiquattro anni fa… e ogni volta spenta dalla quotidianità… e ogni volta riaccesa inaspettatamente dall’amore.


Una lunga passeggiata insieme riaccende oggi, quella fiamma: il calore aumenta e, con lui, le parole, che come gocce scendono, scivolano giù, morbide, malleabili. Parole mai dette, scuse mai confessate, sensazioni mai provate. Sento qualcosa liquefarsi quando guardo insieme a lei le scelte, gli errori… i sensi di colpa, i miei. E ancora le scuse e il perdono, il suo. Unico, sublime, eterno.
Mi si annebbia la vista. Un folletto stende sui miei occhi un velo, umido, trasparente… dal gusto salato e dal retrogusto dolce.

Poi prendo un respiro, troppo forte forse, e con un soffio spengo la candela. La fiamma svanisce e, subito dopo, quelle gocce di cera si fermano dove sono, ghiacciate, immobili.

Le guardo da qui, mentre ricordo il rumore dei passi tra la gente… risento solo il nostro passo, rivedo solo i nostri piedi... sento solo la sua mano, sotto al mio braccio.

(Venezia, le Mercerie)

Per oggi può bastare così

My mother, my mother she hold me
Did she hold me, when I was out there
("Ode to my family", Cranberries)

…sento solo la sua mano, sotto al mio braccio. E tutto il resto, oggi, non conta più.

martedì 10 febbraio 2009

Parla piano

Che ci fanno queste anime davanti alla chiesa?
...questa gente divisa... questa storia sospesa
(“Disamistade” di F. De André)


Shhh… parla piano… non vedi che ora si è addormentata?

Chiudi la porta, così che non possa sentire tutte le chiacchiere… e i giudizi rumorosi e le condanne facili e le pretese morali e le sentenze obbligate e le preghiere impolverate e le verità imprigionate.
Abbassa le persiane, così che non possa più vedere le luci delle candele, quelle che avevano deciso quale fosse la strada giusta e quella sbagliata.


Il fiore appoggialo lì, fuori dalla porta… non la svegliare, non disturbare.
Erano 17 anni che non riusciva nemmeno a piangere… erano 17 anni che poteva solo ascoltare…
chissà, se solo avesse potuto parlare… chissà… avrebbe sussurrato: chiudete la porta, voglio dire una cosa a mamma e papà.

Shhhhh


Padre Francisco: "Una libertà senza vita non è una libertà."
Ramon Sampedro: "Una vita senza libertà non è una vita"
(da "Mar Adentro")

mercoledì 4 febbraio 2009

Un albero, una panchina ed un'ombra

"Sedersi lì sulla panchina significa non farsi trascinare dalla corrente, non fare la coda a una cassa, non provarsi abiti, non indicare le vetrine. Non salire nemmeno sul tram quando arriva e si ferma lì davanti, non essere una di quelle persone che ci circondano in piedi e che ordinatamente, ritmicamente, scompaiono salendo sul tram, come il risucchio delle onde del mare che si infrangono a riva e poi si ritirano. Sedersi su quella panchina significa diventare di colpo invisibili. Perdere tempo, cioè guadagnarlo."
(da “Panchine” di B. Sebaste)


Che cosa vedi adesso?
Globi rossi, gialli, viola.
Un momento! E adesso?
Mio padre, mia madre e le mie sorelle.
Sì! E adesso?
Cavalieri in armi, belle donne, volti gentili.
Prova queste.
Un campo di grano - una città.
Molto bene! E adesso?
Molte donne con occhi chiari e labbra aperte.
Prova queste.
Solo una coppa su un tavolo.
Oh, capisco! Prova queste lenti!
Solo uno spazio aperto - non vedo niente in particolare.
Bene, adesso!
Pini, un lago, un cielo estivo.
Così va meglio. E adesso?
Un libro.
Leggimene una pagina.
Non posso. I miei occhi sono trascinati oltre la pagina.
Prova queste.
Profondità d'aria.
Eccellente! E adesso?
Luce, solo luce che trasforma tutto il mondo in un giocattolo.
Molto bene, faremo gli occhiali così.-

(“Dippold, l’ottico”, E. Lee Masters – traduzione di Fernanda Pivano)



Ho deciso di fare di quest’albero, la mia casa.
Ho deciso di fare di questa panchina, la ninnananna dei miei pensieri.
Ho deciso di fare di quell’ombra, la mia ombra… ad un passo dai miei pensieri, ad un passo da chi c’è appena più in là.

C’è posto, se ti vuoi fermare…

ma lascia a casa i tuoi vecchi occhiali…