... Tutto quel che vuole, sissignore, ma sono le parole che cantano, che salgono e scendono... Mi inchino dinanzi a loro... Le amo, mi ci aggrappo, le inseguo, le mordo, le frantumo... Amo tanto le parole... Quelle inaspettate... Quelle che si aspettano golosamente, si spiano, finché a un tratto cadono.... Vocaboli amati... Brillano come pietre preziose, saltano come pesci d'argento, sono spuma, filo, metallo, rugiada... Inseguo alcune parole... Sono tanto belle che le voglio mettere tutte nella mia poesia... Le afferro al volo, quando se ne vanno ronzando, le catturo, le pulisco, le sguscio...Ieri sera ho chiuso un libro dal titolo "Confesso che ho vissuto".
L'ho chiuso perché sono arrivata all'ultima pagina, ma non l'ho finito, perché è qui che si srotola tra i pensieri.
E' una raccolta di memorie... e, come tali, scorrono come vengono, a volte si perdono o si offuscano. Ma come tutti i ricordi più intensi, diventano pura poesia! Ti saltano sulle spalle e ti sussurrano parole che richiamano altre parole: i suoi ricordi diventano i tuoi e alla fine, quel bambino che ti sei caricato sulle spalle, diventa parte di te...
"la mia vita è una vita fatta di tutte le vite"Non è passato un attimo, un solo istante, da quando ho appoggiato il libro sullo scaffale e ho aperto il mio taccuino... per scriverci parole scombinate. Poi l'ho messo da parte ed ho appoggiato la testa su quella che era diventata la mia terra: un luogo lontano, tra la Isla Negra e Madras... con un tramonto sui tetti di Buenos Aires come cuscino e i poemi di Sabat Ercasty come ninnananna...
Ho lasciato che le immagini scomposte si attaccassero tra loro in un puzzle senza senso... come quando, dopo una pulizia a fondo di una soffitta, ti ritrovi quelle cose che in realtà facevi rimbalzare da un posto all'altro senza sapere mai dove metterle, che ora ti guardano, da lontano.
Dove lo infili il tuo pennino preferito? Quello che ti aveva portato tuo papà dalla grande città, che conservavi solo per le lettere più speciali... nei ricordi di famiglia no, proprio non ci sta; nel baule dei giochi non ha senso; tra le lettere della guerra prenderebbe un odore troppo amaro... e allora lo sposti e lo appoggi in un angolo. Ma poi succede sempre che ti ricapita tra le mani. Mentre cerchi di far entrare il quadro dipinto da tua sorella nel baule dei ricordi di famiglia, quel calamaio è ancora una volta solo... apolide!
Lo guardi con la stessa espressione che usi quando cerchi una cosa dapertutto... quando poi hai deciso di accettare la sconfitta e di lasciar perdere, raccogli i vecchi libri, letti ormai da tempo, e decidi di rimetterli al loro posto... eccolo dov'era! Proprio lì sotto ai libri. Accidenti a lui! Ecco, quella... che espressione è? C'è un misto di rabbia e soddisfazione, accompagnati da una buona dose di simpatia... come ha fatto a rimaner nascosto qui così tanto tempo?! E' pure stato bravo!!!
E così, tutti quei pezzetti di ricordi impolverati si ritrovano abbandonati in un angolo della soffitta... poi devi pulire e così decidi di buttarli tutti dentro un sacco... "è solo per il momento", ti dici! solo finché non avrò finito di scopare per terra, di rimettere un cassone sopra l'altro... finché non avrò finito di dare un nuovo ordine al passato.
Un lavoro incompleto: tutto sistemato, tutto ormai si è piegato sotto la dura legge della catalogazione dei ricordi e quel che resta... quello rimarrà lì.
Magari questi sono gli oggetti che più ti pizzicano le mani quando li tocchi, quelli che a volte scottano e altre volte, toccandoli, ti senti uno di quei visionari dei film fantastici: risenti per un attimo una canzone, un profumo... sorridi... o ti senti un cretino! sospeso tra l'emozione che provi e la polvere che la ricopre.
Perché buttare quelle emozioni dentro un sacco?! Perché non costruire una nuova mensola dove metterle tutte lì; alla rinfusa, ma in bella vista?!
Io credo sia come quei miei pensieri di ieri... sono intrappolati in quella specie di limbo... devono ancora decidere dove stare, cosa dire.
E alla fine il sacco rimane così per chissà quanto ancora! Finché non ritornerai su, per togliere la nuova polvere o dare una nuova forma al passato... e te li ritroverai lì, in mano! Qualcuno di loro avrà un senso, ora... si sentirà a casa nello scatolone della tua infanzia. Qualche altro avrà finito il suo lavoro e se ne andrà, diventerà uno specchio che comprerà chissà chi in chissà quale mercatino... dalla polvere della soffitta alla parete di un salotto, di qualcuno che s'irrigidisce davanti ai suoi ricordi e compra quelli degli altri... che, di solito, pesano di meno.
Qualche altro rimarrà senza senso apparente e così verrà tolto dal sacco: ripasserà tra le mani e i piedi e sotto alle sedie e sopra i bauli e alla fine ritornerà in un angolo. Per essere poi scoperto, chissà, da un bambino curioso, alla ricerca dei legnetti magici per giocare al pitto...
Potrebbero rimanere lì per molto tempo, o forse solo per qualche istante...
Io credo che quelle parole troveranno il loro senso, quando sarà il momento... per ora le voglio lasciare dentro quel sacco, alla rinfusa. Vediamo se qualcuna di loro, stanca di starsene lì, avrà voglia di affacciarsi, scendere le scale e venirmi a trovare... sarebbe una meravigliosa sorpresa!
Dicono fosse il 23 settembre del 1973 quando Neruda morì... ecco, non lo sapevo! ma quel libro, oggi, ha già preso il suo profumo... e un po' anche il mio.
"Il poeta se ne andò volando con i suoi uccelli di carta per il cielo e sotto la pioggia"Liberamente tratto da un pomeriggio in soffitta e dal libro "Confesso che ho vissuto" di Pablo NerudaMusica: "Il postino" - Last Acoustic