Passo dopo passo

Passo dopo passo
Sai cos’è bello, qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un’orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno. È come se noi non fossimo mai esistiti. Se c’è un luogo, al mondo, in cui puoi pensare di essere nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. (da “Oceano Mare” di A. Baricco)

lunedì 3 agosto 2009

Un motivo

Metto giù il telefono ed ho la sensazione di aver rotto una bolla di sapone...

Bisogna tornare a casa, prima o poi, lo sai.
Io sto cercando di farlo ora, cercando di sganciare vagoni pesanti, mettendoci carbone in quantità e un gran lavoro di braccia.
Bisogna tornare a casa prima o poi..
E per casa non intendo quella da cui siamo venuti... di quella resterà sempre il profumo attaccato alle scarpe, quella non è più casa, è di più.
E' tornare a casa dopo il viaggio, quando senti il profumo di te e del tuo vecchio altrove appena varchi la soglia... dove di fermi per un caffè bollente insieme a chi si ricorda ancora come si ride di gusto... è quel posto in cui dormi bene e sogni... quello in cui riconosci lo scricchiolio della porta del bagno, il profumo aprendo il frigo o il sapore delle posate lavate... quello in cui riconosci la chiave infilando la mano in borsa, tornando dal lavoro con le gambe a pezzi... quel posto in cui non ti serve la luce per trovare scarpe e sigarette per una pausa inaspettata nel cuore della notte... quel posto in cui sai di poter camminare a piedi nudi... quello in cui riconosci ogni ricordo nelle fotografie appese al muro.
Quella è casa, capisci?

Quella in cui torni, dopo un lungo andare... quella che ad ogni viaggio cambia aspetto, ma conserva sempre quella stessa, identica, preziosa ed intima sensazione di te.
Traslocare aiuta solo a portar con te le cose importanti, a mettere in discussione tutte quelle comodità a cui ci si affeziona così facilmente.
Ma camminare a lungo con tutti quei mobili sulle spalle, ti fa perdere lucidità... e la direzione.
Bisogna tornare a casa prima o poi.
Solo per rimettere tutto in una nuova posizione e riempire i buchi di quel superfluo che ci si è lasciati alle spalle con emozioni nuove... un nuovo divano e un orologio da cucina, le lenzuola di un colore diverso e uno specchio in ferro battuto.

E rimanere lì, vivendo ogni spazio, finché quell'aria frizzante che porta la nuova stagione non arriva a ricordarti che è ora di ripartire... prima di ritornare in una nuova casa.


Il viaggio
e poi la meta, la tua casa

ogni giorno.


Bisogna sempre seminarselo un motivo per tornare quando si parte. (Baricco)


foto: Kinsale, Ireland

mercoledì 24 giugno 2009

Here I am

Ho iniziato il mio viaggio piangendo... ogni partenza prevede un distacco, e ogni distacco ci dà la sensazione di essere un abbandono.
Ho capito che da oggi le mie gambe dovranno essere forti più che mai, che dovrò aver cura delle mie ginocchia e che gli occhi possono vedere oltre le apparenze solo se lo vorranno davvero.

Nuvole gonfie... cariche di panna e zucchero da shakerare in un caffé freddo.
A forza di essere vento...
Mi bruciano gli occhi, tutta colpa delle lacrime. Non sono triste, no... forse ho solo paura...

in volo - 24 giugno 2009



in volo


Il peso sulle gambe di tanti chili e una valigia vuota troppo pesante.
Passo dopo passo sono pronta per partire. Sono arrivata per ripartire.

in viaggio verso Cork
Solo il rumore del motore ad accompagnare il mio viaggio. Incontro visi e sorriso, rispondo con occhi lucidi e serenità.
in viaggio verso Cork - 24 giugno 2009

E' una magia che non si può spiegare: naviga in una tazza di té caldo e si riscalda di sole; si fa accompagnare dal vento, sfiora la terra e va... e va...
Il cuore rimbomba felicità, batte dentro a ritmo di vita.
Finalmente sono a casa.

Cork

Apro la porta e la chiudo a chiave, dietro di me: oggi ci sono io, solo io. Scivolo sul pavimento in legno per non sentire il rumore dei passi... oggi voglio silenzio, amore profondo e un bicchiere di caffè...
Cork - 24 giugno 2009

lunedì 22 giugno 2009

In centro al labirinto

Scrivo e riscrivo parole... nauseanti emozioni che non riescono a trovare la strada, intrappolate in sensazioni troppo grosse in cui, paradossalmente, si perdono.
Ma sento.
Sento quello che mi scivola attorno, sento la terra che mi sta sotto ai piedi, sento le mani, sento i silenzi e gli sguardi indifferenti, sento le voci tremanti, sento la tenerezza dietro ai sorrisi delicati.
Sento.
Sento chi mi passa accanto e mi sfiora, sussurrandomi un augurio che batte al ritmo col cuore.
Sento.

E tutto quel che sento adesso, è dentro ad una canzone...

entrateci dentro, fino in fondo!



E poi... e poi solo immaginate Giannini che legge questi versi:

c’è sempre un motivo per andare

e c’è sempre un motivo per restare, amico mio

e in mezzo il cuore batte
col rumore della cassa
e in mezzo si combatte
in mezzo il tempo passa
perché questo cuore è vivo
perché il cuore è una clessidra
e ci sei tu e ci sono io
e c’è la vita in un granello
e poi l’amore, certo
l’amore, sempre quello
che distrugge e risolleva
che esalta e che fa male
ma rimedia alla tristezza
di ogni attimo che fugge
da sempre, sempre uguale
come la brezza in mare aperto
come la gioia in questo mondo

c’è un motivo per andare
e c’è un motivo per restare
come posso darti torto
ma per questo io ti dico
(e non lo dico solo io)
ti dico
ama,
ama fino in fondo

che non sei ancora morto,
amico mio

E per me è arrivato il momento di partire... verso il centro del mio labirinto!


(Un grazie speciale a Chiara, mia dolce stella, compagna di strada!)

giovedì 28 maggio 2009

La linea del tempo

Si apre il sipario, entrano due scie di fumo, s'intersecano, si fermano..

BUIO. ... SEMPRE MENO.

Una panchina, due sigarette.
Due mani.
Un sorriso.

Parole.

Il fumo sale e scende, balla nell'aria, leggero, trasporta parole (molte), si avvicina al sorriso (uno), si allontana dagli sguardi (pochi).
E poi si spegne (il fumo).

Una panchina.
Due amiche, due zaini, pesanti e un po' ingombranti che poco alla volta si svuotano (solo uno, per ora). L'altro si riempie, delle cose piene appena svuotate.
Un sorriso.
Domande (molte).

Quattro piedi irrequieti, quattro mani che volteggiano, accompagnano le parole e i pensieri, insieme. Quelli detti e quelli non detti, nello stesso pentagramma.
Suona.
Musica meravigliosa.

BUIO

Un tavolo, due mani, 22 carte.
1 gioco di me
22 possibilità
1 sensazione
3 istinti

Chiudo gli occhi, allungo le mani e seguo una sensazione... sorrido
E ascolto...


ieri - LA LUNA
la carta suggerisce l'emergere di sensazioni o ricordi che si cerca i soffocare (paure, traumi) per difendere se stessi ma che devono essere portati alla luce per poter essere superati. Indica situazioni vissute nell'ombra, il lato oscuro, l'ignoto. Rappresenta una persona che deve uscire dal suo guscio e affrontare la realtà senza paure. Una persona che fa (o che dovrebbe fare) grande uso del suo intuito, che è anticonformista, un artista. In amore suggerisce un atteggiamento misterioso e conturabante, relazioni nascoste, amori sognanti. Timore di ciò che non è razionale e tendenza ad adagiarsi in una vita di stagnazione e sterilità.


oggi - L'EREMITA
segnala un perido di solitudine, o la necessità di capire qualcosa da soli. Anche se si sta in mezzo agli altri nessuno può aiutare a trovare le risposte. In questa carta si legge il bisogno di ricerca interiore. Compare quanto il futuro non appare chiaro e sorge confusione, ma indica anche una generale necessità di riflettere e meditare, di allargare i pensieri, di scendere più in profondità nell'analisi delle situazioni per una diversa comprensione. Indica un'importante fase di apprendimento, che può implicare il bisogno di isolarsi per cercare dentro di se stessi le risposte. Rappresenta una persona riflessiva, austera, indipendente, che non dipende dagli altri per le sue opinioni. Può indicare uno studioso o chi cerca la solitudine della meditazione. Amore riflessivo e spirituale, Solitudine e isolamento.
Non c'è dubbio che il consultante stia diventando più capace e autosufficiente, ma in questa scelta ci potrebbe essere il rischio di rimanere solo e di perdere gli amici del passato; se non prova dispiacere nel abbandonarli, allora è giusto che proceda lungo questa strada.


domani - LA TEMPERANZA
è una carta di ripristino dell'equilibrio e della salute una carta di guarigione fisica e psichica, indica che attravero la tranquillità e la pazienza è possibile raggiungere il miglior equilibrio consentito in una determinata situazione. La carta è simbolo di armonia ed enfatizza la necessità di moderazione. Rammenta che una vita veramente completa esibisce un'armonia tra i lati materiale e spirituale delle cose. Non bisogna cadere negli estremi e a volte è inutile scendere troppo in profondità nelle cose. Pe questo simboleggia anche la pietà e la compassione. Annuncia rappacificazioni. E' una carta fortunata per tute le imprese che richiedono il bilanciamento di molti fattori complessi. Descrive una persona tollerante, accomodante e flessibile che sa essere paziente e costante. Sentimenti armoniosi, amori paritari.


Il sole sta per tramontare, la strada chiama.

Zaino in spalla, chiudo la porta, un abbraccio stretto, che dice tutto.
Ringrazio.
E vado.

A domani!


ps: un piccolo-grande grazie a Janas, che è con me, dentro quella linea del tempo e che mi ha regalato quello sguardo sulla "beata solitudo" (la seconda foto).


Le altre foto sono, nell'ordine, del forte di Charles, Kinsale, Co. Cork, Ireland e di una rosa dal Roseto Comunale di Roma

giovedì 26 marzo 2009

I know... I have to go

In una città c'erano due monasteri. Uno era mol­to ricco, mentre l'altro era poverissimo. Un giorno, uno dei monaci poveri si presentò nel monastero dei ricchi per salutare un amico monaco che aveva là.
«Per un po' non ci vedremo più, amico mio», disse il monaco povero. «Ho deciso di partire per un lun­go pellegrinaggio e visitare i cento grandi santuari: accompagnami con la tua preghiera perché dovrò va­licare tante montagne e guadare pericolosi fiumi».
«Che cosa porti con te, per un viaggio così lungo e rischioso?», chiese il monaco ricco.
«Solo una tazza per l'acqua e una ciotola per il riso», sorrise il monaco povero.
L'altro si meravigliò molto e lo guardò severamente: «Tu semplifichi un po' troppo le cose, caro mio! Non bisogna essere così sventati e sprovvedu­ti. Anch'io sto per partire per il pellegrinaggio ai cento santuari, ma non partirò di certo finché non sarò si­curo di avere con me tutto quello che mi può servire».
Un anno dopo, il monaco povero tornò a casa e si affrettò a visitare l'amico ricco per raccontargli la grande e ricca esperienza spirituale che aveva potu­to fare durante il pellegrinaggio.
Il monaco ricco dimostrò solo un'ombra di disap­punto quando dovette confessare: «Purtroppo io non sono ancora riuscito a terminare i miei preparativi».

"Il monaco povero e il monaco ricco"
da Il canto del grillo di Bruno Ferrero



Un cielo striato d'azzurro e giallo, rosso e verde, sopra di me..
il fuoco sotto.. una fiamma viva e bollente..

Ho deciso di prendere il volo, di andare lontano..



e come una mongolfiera, punto verso nord, con un dito nelle nuvole per seguire la corrente di vento..
e come una mongolfiera seguo la mia direzione senza sapere dove esattamente scenderò..

mi servirà giusto il tempo per preparare le corde, stringere i nodi, controllare le valvole di sicurezza, ancorare le zavorre e procurarmi una tazza per l'acqua e una ciotola per il riso..

..ora c'è una strada e io so, lo so, che devo andare!



Musica: "Father and Son" di Cat Stevens:

father: “It’s not time to make a change, just relax, take it easy: you’re still young, that’s your fault, there’s so much you have to know. Find a girl, settle down, if you want to, you can marry. Look at me: I’m old but I’m happy! I was once like you are now, and I know that it’s not easy to be calm when you’ve found something going on. But take you time , think a lot, think of everything you’ve got. For you will still be here tomorrow, but your dreams may not.”
padre: “Non è tempo di fare delle scelte, semplicemente rilassati, prendila alla leggera: sei ancora giovane, non è colpa tua, c’è ancora così tanto che devi imparare. Trovati una ragazza, sistemati e se lo vuoi, puoi sposarti. Guarda me: sono vecchio ma sono felice. Una volta ero come te adesso, e so che non è facile stare fermi quando trovi tutto il resto che va avanti. Ma prenditi il tuo tempo, pensa molto, pensa a tutto quello che hai ottenuto. Per te il domani sarà ancora qui, i tuoi sogni forse no.”

son: “How can I try to explain, when I do he turns away again. It’s always been the same, same old story: from the moment I could talk, I was ordered to listen. Now there’s a way and I know that I have to go away. I know, I have to go!”
figlio: “Come posso tentare di spiegare, quando ci provo lui se ne va. E’ sempre lo stesso, la stessa vecchia storia: dal momento in cui potevo parlare mi è stato ordinato di ascoltare. Ora c’è un modo e io so che devo andare via. So che devo andare!”

father: “It’s not time to make a change, just sit down, take it slowly: you’re still young, that’s your fault, there’s so much you have to go through. Find a girl, settle down, if you want to, you can marry. Look at me: I’m old but I’m happy!”
padre: “Non è tempo di fare delle scelte, semplicemente siediti, non affrettarti: sei ancora giovane, non è colpa tua, ci sono tante cose che devi ancora affrontare. Trovati una ragazza, sistemati e se lo vuoi, puoi sposarti. Guarda me: sono vecchio ma sono felice.

son: “All the times I’ve cried, keeping all the things I knew inside, it’s hard, but it’ harder to ignore it. If they were right, I’d agree, but it’s them you know, not me. Now there’s a way and I know that I have to go away, I know: I have to go!
figlio: “Tutte le volte che ho pianto, tenendo dentro di me tutte le cose che pensavo, è difficile, ma è stato ancora più difficile ignorarlo. Se gli altri avessero ragione, sarei d’accordo con loro, ma sono loro che tu conosci, non me. Ora è il momento e io so che devo andarmene, Lo so, devo andare!

giovedì 12 marzo 2009

Sorelle


Uno c'ha i fratelli: se li cerca, se li sceglie.

Poche righe, delicate, sincere, dolci. Scorro con gli occhi velocemente sulla linea della calligrafia d'inchiostro... veloce, per non capire veramente, per non soffermarmi su quelle emozioni che un po' mi fanno persino paura... veloce per arrivare in fondo intatta, asciutta, intonsa.
Invece arrivo al punto e mi si bagnano gli occhi d'amore.

Uno c'ha i fratelli: se li sceglie, se li cerca, in mezzo a mille.

C'è qualcosa di te che batte dentro di loro, anche quando nulla di te esisteva quando loro hanno pianto infilando le scarpe strette che hanno trovato fuori dalla porta della vita.
C'era già tutto dentro di loro, dentro di te... anche se corrri velocemente sulle parole... è già tutto scritto, lì, dove le parole non servono più e dove gli occhi sfuocano solo le parole dell'anima.


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foto: Stefi e Fede

Sei bellissima

Lui ascolta... le sorride... Con la mano si tocca la gamba, sperando di distrarsi dal chiacchiericcio del cuore, da quel suo sussultare affamato. Poi racchiude le caviglie intorno alle braccia e inizia a raccontarle un segreto attraverso il suo sguardo silenzioso.
Lei intanto continua a dirgli dell'esame, dell'auto nuova, anche se domani chiamano brutto, che in fondo blu era più bella.. e del ponte, non si vede da sotto la finestra rotta, del cane... è vecchio ormai...

Lui è immerso in un'altra storia, una di quelle che non nasce per essere scritta, ma solo per essere sussurrata, dalla luce degli occhi... e basta guardare dentro ai suoi, per capire che c'è qualcosa di speciale dietro alle palpebre...
Non riesco a seguire bene quello che lui le sta dicendo... mi sembra solo di poter sentire, tra il rumore delle chicchiere di lei, tra lo scalpiccio di chi scivola intorno, ignaro, e tra il grattar forte delle mani sulla sua gamba... beh, mi sembra solo di sentire...

"Sei bellissima"


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foto: Elisa e Dario

giovedì 5 marzo 2009

Un treno d'immaginazione

Occhietti vispi che nascondono una sottile timidezza. Ogni tanto mi guarda ed accenna un sorriso, poi si volta e sbircia con lo sguardo le mie scarpe, l’ombrello bagnato che gocciola sul pavimento…
sfugge lo sguardo ma è curioso, curioso di sapere cosa sto leggendo, che caramella sto mangiando. Io gli sorrido e mi stringo un po’ di più sul sedile, per lasciar posto a lui e al suo zainetto, ben schiacciato sulla schiena.

La giacca chiusa fino al mento, il berretto di lana a coprire le orecchie e la sciarpa tutta appallottolata sulla gola. Rimane immobile, solo gli occhi volteggiano, schivano, sorvolano sulle cose e sulla gente… poi d’un tratto vengono catturati dall’acqua, su cui magicamente stiamo scivolando.
Ora ha una luce sfavillante che sfugge dalle palpebre e illumina il suo sguardo mentre fantastica su quel mare di onde bagnate dalla pioggia. Con la mano accenna il movimento di una barca… impercettibile… la vede in lontananza ed immagina di esserci seduto sopra… schiaffi di aria e pioggia sulle sue gambe, abbassa il berretto fino agli occhi per ripararsi dagli schizzi, raggomitola le gambe per non inumidirsi i piedi…

Andrea, siamo arrivati…

Improvvisamente richiude le mani e nei suoi occhi torna l’espressione dolce della quotidiana timidezza. Un’occhiata alle mie scarpe, ormai asciutte… un’occhiata alle sue, ancora umide.
Il treno rallenta… si stringe forte lo zainetto alla schiena, segue la barca sparire dietro l’angolo… accenna un sorriso, un guizzo veloce verso di me e poi ritorna a guardarsi in giro… sorride, solo con gli occhi.

Sarà per la prossima volta… porterò anche la k-way!

sabato 14 febbraio 2009

She hold me

La sua mano sotto al mio braccio, come non accadeva da tempo; le parole che scendono come cera sciolta di una candela consumata dalla fiamma. Accesa più di ventiquattro anni fa… e ogni volta spenta dalla quotidianità… e ogni volta riaccesa inaspettatamente dall’amore.


Una lunga passeggiata insieme riaccende oggi, quella fiamma: il calore aumenta e, con lui, le parole, che come gocce scendono, scivolano giù, morbide, malleabili. Parole mai dette, scuse mai confessate, sensazioni mai provate. Sento qualcosa liquefarsi quando guardo insieme a lei le scelte, gli errori… i sensi di colpa, i miei. E ancora le scuse e il perdono, il suo. Unico, sublime, eterno.
Mi si annebbia la vista. Un folletto stende sui miei occhi un velo, umido, trasparente… dal gusto salato e dal retrogusto dolce.

Poi prendo un respiro, troppo forte forse, e con un soffio spengo la candela. La fiamma svanisce e, subito dopo, quelle gocce di cera si fermano dove sono, ghiacciate, immobili.

Le guardo da qui, mentre ricordo il rumore dei passi tra la gente… risento solo il nostro passo, rivedo solo i nostri piedi... sento solo la sua mano, sotto al mio braccio.

(Venezia, le Mercerie)

Per oggi può bastare così

My mother, my mother she hold me
Did she hold me, when I was out there
("Ode to my family", Cranberries)

…sento solo la sua mano, sotto al mio braccio. E tutto il resto, oggi, non conta più.

martedì 10 febbraio 2009

Parla piano

Che ci fanno queste anime davanti alla chiesa?
...questa gente divisa... questa storia sospesa
(“Disamistade” di F. De André)


Shhh… parla piano… non vedi che ora si è addormentata?

Chiudi la porta, così che non possa sentire tutte le chiacchiere… e i giudizi rumorosi e le condanne facili e le pretese morali e le sentenze obbligate e le preghiere impolverate e le verità imprigionate.
Abbassa le persiane, così che non possa più vedere le luci delle candele, quelle che avevano deciso quale fosse la strada giusta e quella sbagliata.


Il fiore appoggialo lì, fuori dalla porta… non la svegliare, non disturbare.
Erano 17 anni che non riusciva nemmeno a piangere… erano 17 anni che poteva solo ascoltare…
chissà, se solo avesse potuto parlare… chissà… avrebbe sussurrato: chiudete la porta, voglio dire una cosa a mamma e papà.

Shhhhh


Padre Francisco: "Una libertà senza vita non è una libertà."
Ramon Sampedro: "Una vita senza libertà non è una vita"
(da "Mar Adentro")

mercoledì 4 febbraio 2009

Un albero, una panchina ed un'ombra

"Sedersi lì sulla panchina significa non farsi trascinare dalla corrente, non fare la coda a una cassa, non provarsi abiti, non indicare le vetrine. Non salire nemmeno sul tram quando arriva e si ferma lì davanti, non essere una di quelle persone che ci circondano in piedi e che ordinatamente, ritmicamente, scompaiono salendo sul tram, come il risucchio delle onde del mare che si infrangono a riva e poi si ritirano. Sedersi su quella panchina significa diventare di colpo invisibili. Perdere tempo, cioè guadagnarlo."
(da “Panchine” di B. Sebaste)


Che cosa vedi adesso?
Globi rossi, gialli, viola.
Un momento! E adesso?
Mio padre, mia madre e le mie sorelle.
Sì! E adesso?
Cavalieri in armi, belle donne, volti gentili.
Prova queste.
Un campo di grano - una città.
Molto bene! E adesso?
Molte donne con occhi chiari e labbra aperte.
Prova queste.
Solo una coppa su un tavolo.
Oh, capisco! Prova queste lenti!
Solo uno spazio aperto - non vedo niente in particolare.
Bene, adesso!
Pini, un lago, un cielo estivo.
Così va meglio. E adesso?
Un libro.
Leggimene una pagina.
Non posso. I miei occhi sono trascinati oltre la pagina.
Prova queste.
Profondità d'aria.
Eccellente! E adesso?
Luce, solo luce che trasforma tutto il mondo in un giocattolo.
Molto bene, faremo gli occhiali così.-

(“Dippold, l’ottico”, E. Lee Masters – traduzione di Fernanda Pivano)



Ho deciso di fare di quest’albero, la mia casa.
Ho deciso di fare di questa panchina, la ninnananna dei miei pensieri.
Ho deciso di fare di quell’ombra, la mia ombra… ad un passo dai miei pensieri, ad un passo da chi c’è appena più in là.

C’è posto, se ti vuoi fermare…

ma lascia a casa i tuoi vecchi occhiali…

giovedì 15 gennaio 2009

Un tango di seducente silenzio

Mi immagino un silenzio surreale. Un pavimento nudo, di legno chiaro, caldo.
Un passo avanti all'altro, un petalo dietro l'altro.

Silenzio



Discover Gotan Project!



Le mani sudate; i passi lenti, decisi.
La punta che scivola, sfiora la cera, insegue l'ombra.
Chiudi gli occhi in un istante e li riapri mille e cento anni dopo, a guardarti in equilibrio sul piede sinistro.

Sfiori le corde di un pensiero, fai virbare l'armonia di un passo.
Cerchi il sottile legame tra le parole, dove i contorni sono bruciati e la punteggiatura arrugginita.

Balli un tango silenzioso, in mezzo alle parole degli altri.

Scivoli sui dittonghi e arrivi in punta di piedi sugli accenti.

Un salto.
Ti aggrappi agli apostrofi.. dei discorsi tronchi, macinati a mezz'aria, nascosti. Con le dita accarezzi la tenda di seta nera.. dietro c'è tutto ciò che vorresti solo immaginare. Abbassi lo sguardo e lasci le emozioni lì.. formicolii sulla pelle.

Chiudi gli occhi e rincorri i sospiri.. quelli che stanno tra le parole, quelli che rimangono imprigionati tra le pieghe della seta, tra le righe d'inchiostro.

Poi allunghi una mano e afferri i punti. Stretti, tra i pugni chiusi.



Oggi cerchi silenzio. Seducente silenzio.

Anch'io.

domenica 11 gennaio 2009

Seguendo la mia creuza de ma

Ombre di facce facce di marinai
da dove venite dov'è che andate
da un posto dove la luna si mostra nuda
e la notte ci ha puntato il coltello alla gola
e a montare l'asino c'è rimasto Dio
il diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido


[luna, 11 gennaio 2009]

E nella barca del vino ci navigheremo
sugli scogli emigranti della risata con i chiodi negli occhi
finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere
fratello dei garofani e delle ragazze
padrone della corda marcia d'acqua e sale
che ci lega e ci porta in una creuza de ma

[la mia creuza de ma (Jesolo -VE, settembre 08)]

da "Creuza de ma" - Fabrizio De André


La penna scorre sul foglio, tra le righe che immagino disegnar una strada... s'inerpicano sui pensieri e scendono sulle emozioni.
Resta un segno scuro, sbavato e sinuoso.
Restano gli spazi tra le parole come fotografie da immaginare.
Inseguo i passi andare e venire, in una creuza de ma


Nella spazzatura... parole e musica:

venerdì 9 gennaio 2009

Al volo... in una tazza di the

Con la mano sfiora la coperta e sorride; dentro agli occhi c'è la luce riflessa della candela accesa.

Penso agli anni... un libro di parole; di segni a matita e disegni sbavati; sottolineature; frecce e linee di graffite e sogni. Cinque anni scorrono come un nastro da tipografia... scritti e macinati... vissuti ed immaginati.
Nel frattempo abbiamo buttato le scarpe vecchie, comprato giacche più pesanti e tolto i guanti.
Ma siamo sempre qui. A stupirci di ciò che siamo e a sognare di riempire le pagine di un quaderno a righe, illuminate solo da quel lumino... al sicuro dentro alla lanterna.
Ho la sensazione che tutto sia proprio in quelle pagine bianche ancora da scrivere.



Il profumo di menta accompagna le parole dove devono andare e noi ci attacchiamo a quel filo e ci facciamo trasportare sulle emozioni.
Mi chiedo dove andranno a rifugiarsi, poi, le parole... quando perdono la forma e s'infilano in un vestito nuovo. Me le immagino in quella bustina affogata nella tazza, appesa al filo sottile che avvolgiamo al manico, stretto tra le dita. Me le immagino tutte lì, schiacciate una contro l'altra.. fino ad imbeversi, fino a profumare l'acqua di menta.
Resta solo l'essenza, il profumo.
Quelle, le parole, le butti. Dopo un po' sono insipide e rinsecchite. Quello che sono state è ormai già dentro di te, passa sotto alla lingua e s'infila tra i denti.. scende giù.

Tutto il resto, è ciò che rimane da raccontare.

domenica 4 gennaio 2009

Come gli occhi dei tuareg


Le dita scivolano sul marmo freddo della cucina, disegnano onde, seguono le curve, come se portassero briciole di colore. Quelle mani sentono quello che io potrei solo vedere, penetrano dove io potrei solo immaginare.
E' vecchio: il viso è disegnato da rughe profonde.. seguendo il filo delle curve, si potrebbe camminare tra i suoi ricordi, scendere giù fino al sole più caldo della terra da cui proviene e risalire su, fino a sentire l'aria dei pascoli. La bocca è scura, una linea sottile; una fessura nasconde denti bianchi, perfetti.
Indossa ciabatte nere di pelle striata dal tempo e una camicia scura, aperta un po', prima di richiudersi sotto alla morsa del maglione di lana grossa, grezza.
Io sono seduta in un angolo e lo osservo. Gli occhi scrutano ogni movimento.. prima le mani.. poi il viso.. mi incanto a vedere le espressioni del volto mentre sfiora il tavolo con delicatezza..
Sorride e mi racconta di quando sedeva ad intrecciare vimini.
Poche parole riescono ad entrarmi dentro, davvero.. le altre si avvicinano e poi sfumano, a pochi centimentri dalle orecchie.Una volta guardava le stringhe delle botti, le scie del carretto sulla mulattiera dopo le giornate di pioggia, i rivoli d'acqua lungo il marciapiedi.. seguo quelle scie.. chiudo gli occhi, anch'io. Cammino fino a bagnarmi i piedi, fino a sentire l'odore acre, del mosto.
Provo una sensazione di velata malinconia.. forse perché non può vedere i solchi sulla neve, oggi.. o forse perché lui vede quel che io non riesco a vedere.. o forse perché mi dispiace.. semplicemente mi dispiace.. chissà perché..
Mi tornano alla mente gli occhi dei tuareg.. nel deserto lo sguardo non incontra ostacoli, è sempre rivolto "oltre", e a lungo andare prende la forma di ciò che sta guardando, diventa profondo, quasi fosse abituato alla lungimiranza.
Chiudo gli occhi e cerco anch'io la profondità, ma io non sono nel deserto, non vedo oltre le case..
Chissà, forse anche lui, prima di diventare cieco, vedeva solo l'orizzonte, vedeva scie nel cielo e nuvole passare.
Io vedo marmo, vedo balconi socchiusi e orme ghiacciate.. mi chiedo cosa potrà vedere lui, più di me.. più iin là di me, nel suo deserto di sabbia e vento.
Vorrei chiederglielo. Vorrei chiedergli cosa vede più di una volta.. prima che quella strana malattia si stendesse comoda sugli occhi, giorno dopo giorno.. una coperta che poco alla volta gli ha nascosto quanto di più bello ci circonda.. i colori! e le forme. e le espresioni delle forme.
Vorrei chiedergli di che colore sono le orme ghiacciate, lui che le vede con gli occhi dei piedi.. di che colore sono, adesso, le stringhe delle botti.. quante sfumature, in fondo, riesce ad immaginare.. quante sfumature, in fondo, mi accontento di vedere io.. quante sfumature, in fondo, non riesco a percepire io.
Sono leggermente miope.. e astigmatica.. se guardo lontano vedo confuso, in una tempesta di sabbia. Dovrei immaginare il deserto e abituare gli occhi a guardare più in là, oltre la linea dell'orizzonte, oltre le case e le antenne..e non voglio occhiali per mettere a fuoco, basta guardare più in là.. sempre un po' più in là.